Le cheminement intérieur de Marthe Robin est dévoilé grâce à la publication de son "Journal". Découvrez-le en ligne...
La prova della malattia
Una vita che entra in una fase nuova
Marthe Robin cresce come tutte le ragazzine di campagna all’inizio del XX° secolo. Ha una infanzia semplice, in una famiglia di contadini della Galaure, una zona collinare del dipartimento della Drôme in Francia.
Marthe ama la vita; ha sogni e progetti.
Tuttavia, poco a poco dolori insopportabili, svenimenti e una paralisi progressiva la fanno entrare in un mondo di sofferenza fino ad allora sconosciuto.
Tutto sembra crollare di fronte alla prova, al non-senso del dolore. Dov’è Dio? Che cosa vuole per lei? Deve affrontare tantissime domande in questo momento in cui la sua vita entra in una fase nuova.
Marthe, contadina della Galaure
Marthe, nata all’inizio del XX° secolo, il 13 marzo 1902 a Châteauneuf-de-Galaure, un piccolo villaggio della “Drôme des collines”, è figlia della campagna. In cima alla collina, su un altipiano che si chiama inspiegabilmente “la Plaine”, (= la Pianura) l’orizzonte è vasto e il vento soffia.
“Dal pioppo si vede un quarto della Francia”.
Nella sua frazione di “Moïlles”, ci si sente assai lontani dal villaggio sottostante che si trova a due chilometri. La cascina dipendeva in quel tempo dalla parrocchia di St Bonnet-de-Galaure. E’ là che Marthe è battezzata il 5 aprile 1902.
Fin dalla sua più tenera età, e malgrado una salute fragile dovuta a una febbre tifoide contratta a l’età di un anno, percorre la strada a piedi per andare a scuola, al catechismo o per fare la spesa. Segue il ritmo delle stagioni e dei lavori dei campi, vicino alla natura e agli animali. Occorre lavorare con impegno per vivere. Appena è in grado di farlo, partecipa ai lavori della cascina in cui ciascuno fa il suo servizio.
Marthe sviluppa un rapporto personale e intimo con Dio.
“Ho sempre amato enormemente il buon Dio come una sua figlioletta”.
Le sue radici resteranno profondamente legate alla terra. Marthe, piena di buon senso, unisce una spiritualità profonda e un realismo infallibile.
La sua infanzia è simile a quella di tante altre bambine. Marthe, che ha una natura gioiosa e birichina, pesta addirittura i piedi quando non è contenta. Le veglie intorno al camino insieme ai vicini le procurano grande gioia. Si sbucciano le castagne o si schiacciano le noci ascoltando racconti delle leggende regionali. Una volta tirati fuori gli strumenti musicali, si comincia spontaneamente a ballare insieme.
Marthe nutre un profondo affetto per tutti i suoi e parla di suoi genitori come dei “due esseri più cari che ho quaggiù”.

Ho sempre amato enormemente il buon Dio come una sua figlioletta.
La prova della malattia
Quando è adolescente, Marthe è colpita da un’encefalite. Cade per terra in cucina e chiede un dottore con grandi grida. Nessuno sa cosa possa avere. Si pensa a dei reumatismi.
Soffre dolori insopportabili, svenimenti e paralisi senza che i medici possano fare una diagnosi precisa.
La malattia avanza gradualmente, progredendo e regredendo. Nel 1919, le gambe si paralizzano. Fino al 1927 Marthe può utilizzare le sue braccia. Nel 1930, una seconda fase della malattia provoca una paralisi totale delle vie digestive. Nel 1939, in un terzo momento di crisi sono colpiti i nervi oculari. Il più debole raggio di luce la fa molto soffrire. Da questa data in poi vive nella penombra.
Ribellione, scoraggiamento, speranza
Dopo aver sperato di guarire, Marthe prova lo scoraggiamento. Si ribella. Vuole vivere, lotta per la sua salute. Si mette a ricamare per potersi comprare le medicine. Fa cure termali, ma senza ottenere alcun risultato. Combatte come ogni persona giovane che ama la vita e mette tutte le sue forze in questa battaglia per l’esistenza. Tuttavia il suo futuro sembra sbarrato.
Che cosa vuole il Signore da lei? Come affrontare la malattia? A un’età in cui si hanno tantissimi sogni, queste domande rimangono senza risposta.
”Tutti possono, e devono compiere la propria vocazione, ma io no… la vita si è incaricata di togliermi le mie illusioni e di distruggere i miei progetti”.
Soffre anche a causa della solitudine. La sua famiglia lavora nei campi. Nei dintorni c’è sconcerto per questa malattia sconosciuta. E’ contagiosa? E’ forse pazza Marthe? Nessuno viene a trovarla.
Ho lottato con Dio. Secondo me starei molto meglio sotto terra che sopra.
Fecondità di una vita di malata
Marthe, nella sua situazione non si lascia andare e non si compiace nella sofferenza. Ma come dare un significato alla sua vita di malata?
Va avanti affrontando questa lotta. Non perde né la fede, né l’amore, né la speranza. Si stabilisce una pace profonda in lei.
" La pace durevole e profonda nasce nella preghiera e, più sovente, nella sofferenza; assomiglia a un ruscello che scorre limpido, calmo e pacifico fra due rive fiorite. La pace è buona, salutare mille volte più del successo."
Nel mese di novembre 1928, avvolta in una profonda notte spirituale, Marthe vive un stravolgimento interiore. L’esperienza dell’amore infinito di Dio per lei le procura una consolazione infinita. Nulla sarà più come prima.
Nel 1930 Marthe scriverà:
Due anni fa desideravo ardentemente di morire per vedere Dio [...]. Ora sento che ho una missione da compiere.
Lotto passo per passo con la malattia.
Marthe ha ribaltato una situazione spaventosa, dandole un valore:
“Credo che la sofferenza fisica e morale abbia un effetto molto efficace e favorevole sulla mia attività spirituale”.
“La sofferenza è la scuola incomparabile del vero amore”.
Trova nella terribile prova della malattia, che avrebbe potuto annientarla, una sorgente di vita e di fecondità.
“Il dolore, la sofferenza, non vengono dal Cielo, ma il soccorso sì, e la felicità è lì”.
Il parroco e gli abitanti del villaggio si accorgono del cambiamento che c’è stato in Marthe.
Poco a poco si rinnovano le amicizie. Marthe, nella sua cameretta riceve sempre più visitatori, che da lei si sentono subito a proprio agio. Ascolta, capisce, incoraggia.
Ora conosco la gioia più pura che si possa conoscere, cioè quella di vivere per gli altri e per la loro felicità.
Mio adorabile Gesù (…),
fai in modo che tutte le persone che mi avvicinano,
escano dalla mia stanza consolate se piangono,
sollevate se sono angosciate.
Contente per giorni interi,
grazie al ricordo di una parola, di uno sguardo, di un sorriso.